Umberto Masotto

Umberto Masotto (Noventa Vicentina, 23 novembre 1864 – Adua, 1 marzo 1896) è stato un militare di carriera, Capitano d’Artiglieria da Montagna (ora Corpo degli Alpini), primo alpino ad essere insignito della Medaglia d'Oro al Valor Militare per il coraggio dimostrato durante la battaglia di Adua.

Così recita la motivazione: “Comandante della IV Batteria da Montagna, si distinse durante tutto il combattimento nel dirigere con intelligenza ed efficacia singolari il fuoco della propria batteria. Sereno ed imperterrito sacrificò eroicamente la propria vita e quella dei suoi per rimanere fino all'ultimo in batteria a protezione delle altre truppe”.

 

Biografia

Nacque a Villa Manin, poi Villa Cantarella, al tempo di proprietà della famiglia Masotto, il 23 novembre 1864 da Giacomo e da Anna Giusti. Dopo aver frequentato le scuole elementari a Noventa Vicentina e successivamente quale convittore presso la Scuola Tecnica di Arzignano, è attratto dalla carriera militare. Fu allievo del Collegio Militare Teuliè di Milano dal 1878 al 1882 e della Regia Accademia Militare di Artiglieria e Genio di Torino. Il 27 agosto 1884, a soli venti anni, fu promosso sottotenente di artiglieria e successivamente frequentò per due anni la Scuola di Applicazione dell'Arma di Torino. Il 1º luglio 1886 ebbe la promozione a tenente e fu destinato al 16º Reggimento Artiglieria da Campagna.

Nei primi mesi del 1887 veniva inviato a Massaua il corpo di spedizione al comando del colonnello Saletta, di cui facevano parte anche due sezioni di Artiglieria da Montagna, una delle quali era comandata dal tenente Masotto. Umberto Masotto rimase in Africa sette anni, passando a costituire, agli ordini del Capitano Federico Ciccodicola, la Batteria Indigeni da Montagna, il 3 ottobre 1888. Nel 1889 con la Batteria Indigeni partecipò all'occupazione di Asmara e alle operazioni condotte dal generale Orero su Adua dal 15 gennaio al 9 febbraio 1890 e alla battaglia di Agordat del 21 dicembre 1893 ove si meritò la Medaglia di Bronzo al valore militare.

Le testimonianze comparse sul Corriere della Sera e sugli altri quotidiani del tempo tratteggiano una personalità “calda e umana”. Dopo sette anni d'Africa e molti servigi speciali resi (carte topografiche, soprintendenza di piantagioni, trasporto di cannoni da Massaua ai forti, ecc.), lo avevano lasciato rimpatriare senza farlo nominare Cavaliere.

Rimpatriato per eccedenza di organico, fu promosso capitano e destinato al 22º Reggimento Artiglieria da Campagna di Messina nell'agosto 1894, poiché proprio in quell'anno in quel reggimento fu costituita una batteria da Montagna, che si riteneva necessaria per le zone montuose della Sicilia. Quando, sul finire del 1895, quella batteria si sdoppiò e le due batterie partirono per l'Africa, il Masotto comandava la 4ª batteria della Brigata da Montagna agli ordini del maggiore De Rosa, chiamata Batteria Siciliana, poiché era stata formata con ufficiali e soldati siciliani, quasi tutti montanari. Così Umberto Masotto ritornava in Africa per la seconda volta, dopo che l'esercito etiopico aveva annientato il battaglione di Toselli all'Amba Alagi e dopo l'assedio di Macallé.

 

La Battaglia di Adua

Il 1º marzo 1896 si svolgeva la battaglia di Adua, dove apparve l'eroico comportamento degli Artiglieri da Montagna e delle Batterie da Montagna indigene, che, facendo parte della Brigata di Artiglieria del Maggiore De Rosa, combatterono con la colonna del Generale Albertone. La colonna era formata da quattro batterie di artiglieria: due indigene e le due cosiddette "siciliane", comandate rispettivamente dai capitani Bianchini e Masotto.

La colonna marciò rapidamente fino a superare l'obiettivo indicato, andò oltre e giunse nelle vicinanze dell'accampamento abissino: quel giorno gli Abissini erano più di centomila e il nostro corpo di spedizione contava appena diciottomila uomini. La colonna del generale Albertone, che si era allontanata per un fatale equivoco dal monte Rajo verso il Semaiata, trovandosi isolata dalle altre due, fu assalita dagli Abissini proprio nel momento in cui le due batterie "siciliane" stavano sfilando su un disagevole sentiero montuoso: la lotta infuriò subito tremenda, le orde nemiche avanzavano urlando e la confusione era aggravata da una nube di fumo che si alzava dalle stoppìe incendiate. Per un po' sembrò che le quattro batterie fossero riuscite a respingere gli avversari, ma questi ritornarono all'attacco più numerosi di prima: fu necessario da parte del Generale Albertone dare l'ordine della ritirata ai resti dei battaglioni eritrei, ma non a tutti, poiché alle due batterie "siciliane" fu ordinato di rimanere sul posto, di sparare fino all'ultimo colpo e di sacrificarsi per coprire la ritirata.

Il capitano Masotto rimase con i suoi artiglieri e fu intrepido durante la strenua lotta a protezione di reparti di fanteria in ritirata: quando ogni speranza era ormai perduta, volle con sereno coraggio sacrificare la sua vita. Cadde così su un cannone, con la pistola nella destra, trafitto dalle lance e dagli sciaboloni degli Abissini. Le circostanze del suo sacrificio dovettero essere eccezionali, se pensiamo che delle quattro batterie morirono tredici ufficiali su quindici, compresi lo stesso Maggiore De Rosa e i quattro Comandanti di batteria, e che di questi soltanto tre ebbero la Medaglia d'oro, fra cui Umberto Masotto. Testimoni ricordano che la notte precedente aveva detto ai suoi al campo di Saurià: "Se verrà un momento di dubbio e vi vedrete in pericolo, guardatemi in faccia, se vi accorgete ch'io ho paura, scappate pure, io vi autorizzo".

"Ed è rimasto - continua il Mercatelli - e con lui i suoi ufficiali e i suoi soldati, che gli volevano tanto bene. I quattordici cannoni, dopo aver sparato tutti i colpi, sono stati abbandonati al nemico, ma inservibili. Nel momento supremo vennero da pochi superstiti levati gli anelli e i piatti di forzamento e, dispersi giù per i burroni, non sono stati ritrovati".

Nel maggio del 1896 i morti della battaglia di Adua giacevano ancora insepolti dal primo marzo. Il generale Baldissera scrive al ras Mangascià per poter compiere l’opera pietosa di seppellimento. Il ras Mangascià aderì premuroso. Partì subito una spedizione militare italiana il cui compito fu quello di dare sepoltura ai caduti italiani di Adua. Una impresa tutt’altro che semplice perché si trattava di portare soccorso ai superstiti e feriti ed infine giungere nel campo di battaglia, nel pieno del territorio di un nemico vittorioso. Vennero sepolti 3025 soldati bianchi e 618 soldati ascari. A questa spedizione si aggregò anche il giornalista del periodico “Illustrazione Italiana” Eduardo Ximenes che nel suo diario di viaggio racconterà giorno per giorno l’operato della spedizione.

Proprio Ximenes racconta, quasi alla fine del suo diario, che il capitano Annibale Angherà trovò la salma dell’amico Masotto, confermando la notizia al Ministero, ed ordina ai genieri di darne sepoltura e di costruire un modesto monumento di pietre. La figura del capitano Angherà si qualifica quale testimone oculare portando nuova luce nella storia di Masotto, infatti senza il suo intervento si sarebbe avuto un triste annuncio di “irreperibile dopo il fatto d’armi”.

Così si chiudeva la tragica ed eroica vicenda del capitano Umberto Masotto: alla memoria del valoroso ufficiale fu concessa la Medaglia d'Oro al Valor Militare, con Regio decreto dell’11 marzo 1898.

 

Testo a cura della prof.ssa Donatella Sinigaglia